INTERVISTA DELL'EDITORE ALL'AUTORE DI LATLETAMASCHERATO
Come è nata l'idea di scrivere Latletamascherato? Qual è stata l'ispirazione?
L'idea di scrivere Latletamascherato è nata in seguito alla chiusura del campo Calvesi di Brescia per contaminazione del suolo da policlorobifenili.
Il campo di atletica di Brescia confina con uno stabilimento chimico che per decenni ha prodotto veleni che hanno inquinato suolo, falda acquifera ed aria, propagandosi anche nei comuni vicini. Silenziosamente migliaia di persone si sono ammalate e sono morte.
La vicenda ha fatto scrivere libri che, a differenza del mio, sono entrati al centro della questione.
La trama purtroppo però è sempre la solita ed è parecchio scontata: fino a che ci sono stati interessi economici, certi problemi non sono esistiti mentre i provvedimenti più illogici sono stati presi non appena sono diventati inutili.
Io ho preso questo spunto per occuparmi di un dettaglio.
Fra i grandi problemi che nascono dal mancato rispetto per l'ambiente e le persone, la chiusura di un campo di atletica è stata un piccolo danno collaterale.
Io ho voluto creare un piccolissimo eroe che al Calvesi vive la sua semplice avventura.
La storia d'amore per l'atletica e per una donna è, in un certo senso, qualcosa che non muore mai, anche se si è costretti all'abbandono o quasi. È questo, in parte, il messaggio della storia?
Sì, ma anche che le cose e i ruoli cambiano in continuazione anche al di là delle nostre nostalgie.
Latletamascherato crede di inseguire qualcosa ma è sorpreso da un ricordo.
Progetta la propria evasione scegliendosi come tana il campo Calvesi senza sapere che nel giro di poco sarebbe stato chiuso.
Anche le storie d'amore spesso sono condannate alla stessa inconsapevole disattenzione.
Dal romanzo si evince che lo sport e in particolare l'atletica può essere, per alcune persone, uno stile di vita, una filosofia. È corretto?
Credo che in attività molto dirette come lo sport, emerga la parte più genuina di ognuno.
Difficile dire se possa essere una filosofia di vita anche perché capita che le persone impegnate fianco a fianco in attività simili, spesso gli attribuiscano significati completamente differenti.
Lo sport, come una relazione, può essere coinvolgente o non esserlo affatto.
In entrambi i casi il modo di giocare la partita dice molto dei protagonisti.
Quel che è certo è che imparare uno sport è un po' come imparare una lingua ed in questo modo offre ai suoi interpreti nuove possibilità di comunicazione.
Il blog de Latletamascherato è uno stratagemma per poter esprimere determinate opinioni. Quanta parte di lei c'è nel protagonista?
Latletamascherato è stato il mio nickname su un vecchio forum della federazione di atletica e la mia email per parecchi anni.
Il blog in effetti è un espediente adottato sia per fare incontrare Sara e Pietro, che per comunicare al lettore argomenti di cui altrimenti sarebbe stato difficile parlare.
Alcuni brani sono stati riadattati per il romanzo ma sono articoli realmente apparsi sul sito o sull'annuario della mia società di atletica leggera, la Virtus Castenedolo.
In questo senso il blog è un vero proprio medium sia all'interno del romanzo che fra il romanzo e la realtà.
La vicenda infatti è immaginaria ma tutto è accaduto davvero.
L'atletica in Italia non riceve una grande spinta dai media e per questo spesso i blog si sostituiscono ai media tradizionali soddisfacendo, almeno in parte, la fame di atletica degli appassionati.
Ad esempio uno dei più seguiti si chiama "Queenatletica" ma è molto diverso da quello immaginato ne "Latletamascherato": io nemmeno nella fiction mi sono sentito in grado di gestire i tempi e la frenesia di un mezzo di informazione che lavora 24 ore al giorno e che deve essere di continuo aggiornato in tempo reale.
Per quanto mi riguarda devo ammettere di non essere mai stato un atleta di talento, a differenza di Pietro che invece ne ha, tanto che vedendolo correre si fatica a non provarne ammirazione.
Questo talento Pietro l'ha preso in prestito da Stefano Migliorati: uno degli ultimi giovani sfrattati dal Calvesi ed un atleta dalla classe cristallina.
Un omaggio a Pietro Mennea, giusto? Ci può dire cosa ha rappresentato per lei questo campione?
L'intera vicenda si svolge il 21.03.2013 che è il giorno della morte di Mennea, una circostanza che ho voluto nascondere al mio Pietro, distratto dall'eccitazione per il ritorno all'atletica e dall'incontro con Sara.
Per quanto mi riguarda il nome è già molto evocativo, come potrebbero esserlo per un appassionato di motori quello di Testarossa o di 911.
È questa la ragione per cui ho voluto darlo al mio protagonista.
L'idea che ho di Mennea è che sia stato un uomo complicato con un carattere difficile, per se stesso prima che per gli altri.
Quello che invece dà alla sua vita una dimensione letteraria è che in fondo, nonostante i record, le vittorie e le medaglie, tutta la sua carriera si è giocata nei 50 metri della grande rimonta su Steve Wells a Mosca 1980.
Per molti Mennea è stato l'uomo del 19"72 del record del mondo.
Io trovo molto più interessante il Mennea delle sfide e delle lotte interiori e delle grandi rivalità uomo contro uomo, come quella avuta con Valery Borzov.
Anche Sara ha un nome importante: al campo Calvesi la Simeoni portò il primato mondiale del salto in alto a 2.01.
A parte il protagonista, a quale personaggio è più affezionato? Perché?
Walter è un personaggio positivo. È l'unico di quelli principali che ha un cognome, perché i calciatori sono identificati in questo modo ma soprattutto perché è così che si chiamano gli amici al liceo.
È un po' l'alter ego di Pietro ed anzi è il suo perfetto antagonista sia nel modo di vivere che di pensare.
Loro lo capiscono perfettamente, sono consapevoli di vivere questa competizione ma non hanno alcun dubbio sul fatto di essere prima di tutto amici.
Quali sono stati i motivi che l'hanno spinta a scrivere?
Sentivo di avere qualcosa da dire e volevo fare un po' il punto del mio vissuto di qualche anno fa.
Scrivere è stato il modo di rielaborare certe cose che altrimenti avrei perduto e dimenticato.
Accorgermi pagina dopo pagina che quel che scrivevo poteva diventare un libro è stata una grande sorpresa, una sfida e una bella avventura.
Quali opere letterarie o autori ama leggere?
Sono stato un lettore tardivo. Ho iniziato a leggere verso i 25 o 26 anni.
Leggo soprattutto classici, anche quelli che sono considerati mattoni.
Certi autori come Hemingway o Fitzgerald o Calvino mi entusiasmano con il loro talento come quando vedo un campione fare qualcosa di eccezionale in un meeting.
Non leggo mai i bestseller del momento e forse è un errore. Da quando ho iniziato a scrivere invece leggo anche qualcosa di autori meno conosciuti e che sono al di fuori dei grandi canali di distribuzione. Credo che tutto sommato siano una ricchezza e che leggerli sia un po' come cercare in un mercatino dell'antiquariato: in mezzo a a tante cianfrusaglie si cerca di scoprire, se non un capolavoro, qualcosa di interessante e magari a cui ci si può affezionare.
Quando preferisce scrivere, ha un luogo particolare, un metodo che segue ogni volta?
Scrivo quando ho tempo e, avendone poco, è un grande vantaggio perchè non mi trovo mai davanti allo schermo senza idee e con la sensazione di non aver nulla da dire.
Quando mi viene un'idea prendo appunti segnandomeli un po' dappertutto e poi, quando mi siedo al computer, spesso scrivo tutt'altro.
Ha dei progetti in lavorazione?
Sì. Ho un progetto che mi sembra interessante.
Il protagonista de Latletamascherato è un ragazzo sulla soglia dei 30 anni, età che io ho superato da un pezzo.
L'attività di allenatore però mi mette a contatto con adolescenti di 15 o 16 anni.
Vorrei scrivere un libro che metta in relazione il protagonista con il se stesso della mia età e quella dei ragazzi che alleno.
Il trade union potrebbe essere la musica ed i Guns n' Roses per tutta una serie di motivi potrebbero essere il gruppo giusto.
Ad essere sinceri avrei già in mente il titolo. Vedremo...
Come è nata l'idea di scrivere Latletamascherato? Qual è stata l'ispirazione?
L'idea di scrivere Latletamascherato è nata in seguito alla chiusura del campo Calvesi di Brescia per contaminazione del suolo da policlorobifenili.
Il campo di atletica di Brescia confina con uno stabilimento chimico che per decenni ha prodotto veleni che hanno inquinato suolo, falda acquifera ed aria, propagandosi anche nei comuni vicini. Silenziosamente migliaia di persone si sono ammalate e sono morte.
La vicenda ha fatto scrivere libri che, a differenza del mio, sono entrati al centro della questione.
La trama purtroppo però è sempre la solita ed è parecchio scontata: fino a che ci sono stati interessi economici, certi problemi non sono esistiti mentre i provvedimenti più illogici sono stati presi non appena sono diventati inutili.
Io ho preso questo spunto per occuparmi di un dettaglio.
Fra i grandi problemi che nascono dal mancato rispetto per l'ambiente e le persone, la chiusura di un campo di atletica è stata un piccolo danno collaterale.
Io ho voluto creare un piccolissimo eroe che al Calvesi vive la sua semplice avventura.
La storia d'amore per l'atletica e per una donna è, in un certo senso, qualcosa che non muore mai, anche se si è costretti all'abbandono o quasi. È questo, in parte, il messaggio della storia?
Sì, ma anche che le cose e i ruoli cambiano in continuazione anche al di là delle nostre nostalgie.
Latletamascherato crede di inseguire qualcosa ma è sorpreso da un ricordo.
Progetta la propria evasione scegliendosi come tana il campo Calvesi senza sapere che nel giro di poco sarebbe stato chiuso.
Anche le storie d'amore spesso sono condannate alla stessa inconsapevole disattenzione.
Dal romanzo si evince che lo sport e in particolare l'atletica può essere, per alcune persone, uno stile di vita, una filosofia. È corretto?
Credo che in attività molto dirette come lo sport, emerga la parte più genuina di ognuno.
Difficile dire se possa essere una filosofia di vita anche perché capita che le persone impegnate fianco a fianco in attività simili, spesso gli attribuiscano significati completamente differenti.
Lo sport, come una relazione, può essere coinvolgente o non esserlo affatto.
In entrambi i casi il modo di giocare la partita dice molto dei protagonisti.
Quel che è certo è che imparare uno sport è un po' come imparare una lingua ed in questo modo offre ai suoi interpreti nuove possibilità di comunicazione.
Il blog de Latletamascherato è uno stratagemma per poter esprimere determinate opinioni. Quanta parte di lei c'è nel protagonista?
Latletamascherato è stato il mio nickname su un vecchio forum della federazione di atletica e la mia email per parecchi anni.
Il blog in effetti è un espediente adottato sia per fare incontrare Sara e Pietro, che per comunicare al lettore argomenti di cui altrimenti sarebbe stato difficile parlare.
Alcuni brani sono stati riadattati per il romanzo ma sono articoli realmente apparsi sul sito o sull'annuario della mia società di atletica leggera, la Virtus Castenedolo.
In questo senso il blog è un vero proprio medium sia all'interno del romanzo che fra il romanzo e la realtà.
La vicenda infatti è immaginaria ma tutto è accaduto davvero.
L'atletica in Italia non riceve una grande spinta dai media e per questo spesso i blog si sostituiscono ai media tradizionali soddisfacendo, almeno in parte, la fame di atletica degli appassionati.
Ad esempio uno dei più seguiti si chiama "Queenatletica" ma è molto diverso da quello immaginato ne "Latletamascherato": io nemmeno nella fiction mi sono sentito in grado di gestire i tempi e la frenesia di un mezzo di informazione che lavora 24 ore al giorno e che deve essere di continuo aggiornato in tempo reale.
Per quanto mi riguarda devo ammettere di non essere mai stato un atleta di talento, a differenza di Pietro che invece ne ha, tanto che vedendolo correre si fatica a non provarne ammirazione.
Questo talento Pietro l'ha preso in prestito da Stefano Migliorati: uno degli ultimi giovani sfrattati dal Calvesi ed un atleta dalla classe cristallina.
Un omaggio a Pietro Mennea, giusto? Ci può dire cosa ha rappresentato per lei questo campione?
L'intera vicenda si svolge il 21.03.2013 che è il giorno della morte di Mennea, una circostanza che ho voluto nascondere al mio Pietro, distratto dall'eccitazione per il ritorno all'atletica e dall'incontro con Sara.
Per quanto mi riguarda il nome è già molto evocativo, come potrebbero esserlo per un appassionato di motori quello di Testarossa o di 911.
È questa la ragione per cui ho voluto darlo al mio protagonista.
L'idea che ho di Mennea è che sia stato un uomo complicato con un carattere difficile, per se stesso prima che per gli altri.
Quello che invece dà alla sua vita una dimensione letteraria è che in fondo, nonostante i record, le vittorie e le medaglie, tutta la sua carriera si è giocata nei 50 metri della grande rimonta su Steve Wells a Mosca 1980.
Per molti Mennea è stato l'uomo del 19"72 del record del mondo.
Io trovo molto più interessante il Mennea delle sfide e delle lotte interiori e delle grandi rivalità uomo contro uomo, come quella avuta con Valery Borzov.
Anche Sara ha un nome importante: al campo Calvesi la Simeoni portò il primato mondiale del salto in alto a 2.01.
A parte il protagonista, a quale personaggio è più affezionato? Perché?
Walter è un personaggio positivo. È l'unico di quelli principali che ha un cognome, perché i calciatori sono identificati in questo modo ma soprattutto perché è così che si chiamano gli amici al liceo.
È un po' l'alter ego di Pietro ed anzi è il suo perfetto antagonista sia nel modo di vivere che di pensare.
Loro lo capiscono perfettamente, sono consapevoli di vivere questa competizione ma non hanno alcun dubbio sul fatto di essere prima di tutto amici.
Quali sono stati i motivi che l'hanno spinta a scrivere?
Sentivo di avere qualcosa da dire e volevo fare un po' il punto del mio vissuto di qualche anno fa.
Scrivere è stato il modo di rielaborare certe cose che altrimenti avrei perduto e dimenticato.
Accorgermi pagina dopo pagina che quel che scrivevo poteva diventare un libro è stata una grande sorpresa, una sfida e una bella avventura.
Quali opere letterarie o autori ama leggere?
Sono stato un lettore tardivo. Ho iniziato a leggere verso i 25 o 26 anni.
Leggo soprattutto classici, anche quelli che sono considerati mattoni.
Certi autori come Hemingway o Fitzgerald o Calvino mi entusiasmano con il loro talento come quando vedo un campione fare qualcosa di eccezionale in un meeting.
Non leggo mai i bestseller del momento e forse è un errore. Da quando ho iniziato a scrivere invece leggo anche qualcosa di autori meno conosciuti e che sono al di fuori dei grandi canali di distribuzione. Credo che tutto sommato siano una ricchezza e che leggerli sia un po' come cercare in un mercatino dell'antiquariato: in mezzo a a tante cianfrusaglie si cerca di scoprire, se non un capolavoro, qualcosa di interessante e magari a cui ci si può affezionare.
Quando preferisce scrivere, ha un luogo particolare, un metodo che segue ogni volta?
Scrivo quando ho tempo e, avendone poco, è un grande vantaggio perchè non mi trovo mai davanti allo schermo senza idee e con la sensazione di non aver nulla da dire.
Quando mi viene un'idea prendo appunti segnandomeli un po' dappertutto e poi, quando mi siedo al computer, spesso scrivo tutt'altro.
Ha dei progetti in lavorazione?
Sì. Ho un progetto che mi sembra interessante.
Il protagonista de Latletamascherato è un ragazzo sulla soglia dei 30 anni, età che io ho superato da un pezzo.
L'attività di allenatore però mi mette a contatto con adolescenti di 15 o 16 anni.
Vorrei scrivere un libro che metta in relazione il protagonista con il se stesso della mia età e quella dei ragazzi che alleno.
Il trade union potrebbe essere la musica ed i Guns n' Roses per tutta una serie di motivi potrebbero essere il gruppo giusto.
Ad essere sinceri avrei già in mente il titolo. Vedremo...