INTERVISTA DELL'EDITORE ALL'AUTRICE DI E LA VITA URLO'
Ciao Nella, dopo La musica addosso affronti un nuovo romanzo di genere completamente diverso. Da dove è nata l’esigenza di scrivere E la vita urlò?
Solitamente mi succede di scrivere dopo il verificarsi di un episodio che accende la scintilla, che fa nascere l’dea e quando c’è l’idea iniziale tutto il resto arriva: storia, personaggi, dettagli e possibili legami. Per E la vita urlò la scintilla è scattata sentendo alla tv la notizia della morte di un ragazzino africano che a soli 15 anni si è sfracellato sulle rocce di Melilla, in Marocco, mentre da mesi tentava invano di raggiungere la Spagna. A questo episodio, che riprendo nel libro, nel tempo ne sono seguiti, purtroppo, molti altri, alimentando così la scintilla. Scrivere è un modo per alleggerire il cuore di fronte ad aspetti della vita che non comprendo, che fatico ad accettare, forse questa è stata la mia esigenza oltre a quella di voler condividere emozioni e tentare, nel mio piccolo, di scuotere l’indifferenza.
Nel romanzo si parla di arte terapia e il legame con i dipinti è molto viva nel racconto anche al di là di questo trattamento. Quando è nata in te la passione per questo tipo di arte? Sei solo un’osservatrice o dipingi anche?
Non dipingo, non disegno, non ho questa dote, ma sono attratta dalla forza delle immagini, da quanto l’artista riesce ad esprimere attraverso le sue opere pur rimanendo in silenzio. Il genio non finisce di stupirmi: ci sono capolavori di una tale bellezza che si ammirano da secoli e che, per secoli ancora, si ammireranno. Mi piace pensare che dietro ogni opera c’è una storia, una verità, ma anche che ogni spettatore, ammirandola, vi leggerà la sua o scoprirà una parte di sé che non conosceva.
Il tema del romanzo è di grande attualità, ce ne vuoi parlare in breve e spiegare cosa suscita in te il dramma che attanaglia molti bambini che arrivano in Italia dai paesi in cui ci sono guerre, terrorismo e fame? Hai avuto un’esperienza diretta?
Il romanzo parla d’amore, di una storia d’amore tra un uomo e una donna ma, soprattutto, di un amore infinito verso il prossimo, verso i più deboli. Come ho già detto, l’idea del romanzo è nata da un tragico episodio e poi alimentata, quasi ogni giorno, da altrettanti tragici avvenimenti. Racconto la storia di alcuni minori stranieri giunti miracolosamente in Italia, ben sapendo che, troppe volte, la realtà supera la fantasia; racconto di persone dotate di una particolare sensibilità che tentano di lavorare per un mondo migliore.
Quel che suscita in me il dramma di bambini che arrivano nel nostro paese fuggendo da situazioni disperate, credo lo si capisca chiaramente attraverso le pagine del libro. Viviamo in un’epoca difficile, un’epoca di grande instabilità, scoppiano guerre nella totale indifferenza, si alimenta la violenza, la paura del diverso (senza pensare che la conoscenza di noi stessi passa attraverso quella dell’altro) e non mi capacito di come il mondo, dopo tutto questo tempo, sia ancora diviso in zone di serie A zone di serie B dove la vita non vale nulla. Nessun tesoro al mondo può eguagliare il valore di una vita umana, lo scrivevano i greci nell'Iliade e io, di questo, resto convinta.
Non ho avuto esperienze dirette, ma lavoro in un ambito nel quale si può venire al corrente di storie del genere.
L’Africa è uno dei due continenti in cui è ambientato il romanzo. Hai un legame con questi luoghi? Senti anche tu il mal d’Africa?
Non ho nessun legame con l’Africa così come con gli altri luoghi di cui scrivo, a parte con Torino che, vista la vicinanza, un po’ conosco, ma nemmeno più di tanto!
Uno dei tanti lati belli dello scrivere è il poter viaggiare con la fantasia e se un giorno avrò occasione di recarmi in Africa, probabilmente il celebre male colpirà anche me.
Un altro argomento molto importante che si affronta è la disponibilità di molte persone ad aiutare i più deboli, a fare in modo che la loro vita migliori. Conosci molte persone come i protagonisti del romanzo, che donano parte della loro vita agli altri andando in Africa o anche restando qui?
Mi ritengo fortunata, in famiglia e sul lavoro sono circondata da persone che hanno scelto una professione, cosiddetta, di aiuto e che danno molto per fare in modo che la vita degli altri, in qualche modo, migliori. Conosco alcuni che, come i protagonisti del romanzo, sono stati più volte in Africa per prestare la loro opera come volontari, altri che hanno dato vita ad associazioni benefiche e che, con passione, portano avanti ideali e progetti facendo arrivare aiuti concreti dove il bisogno è forte. Inoltre mi è capitato di conoscere la storia di persone che non hanno sete di fama, preferiscono restare nell'ombra, ma che hanno scelto di mollare tutto e partire verso paesi disastrati per donarsi completamente agli altri, la loro scelta di vita mi ha colpito ispirando le figure dei protagonisti.
Infine nel romanzo le anime affini si riconoscono. Esiste davvero l’anima gemella? Riusciresti a definirla?
Le anime affini si riconoscono sempre e anche l’anima gemella esiste, è scritta dentro di noi fin dall'inizio, ma non si può definire poiché è diversa per ognuno di noi.
Dimenticavo: c’è un piccolo richiamo al precedente romanzo, è nato per caso, la musica si è fatta sentire o era fortemente voluto fin dall'inizio?
Il richiamo al precedente romanzo è nato per caso, ma è uno dei brani del romanzo che preferisco, forse Roman si è fatto sentire dettandomi le parole…
Hai dei progetti in lavorazione?
Al momento più che progetti ho appunti, poi aspetto che l’idea giusta arrivi. Inoltre sto valutando se partecipare a un concorso letterario poiché il tema proposto mi interessa e potrebbe piacermi anche se non amo i concorsi, preferisco scrivere prima di tutto per me stessa.
Ciao Nella, dopo La musica addosso affronti un nuovo romanzo di genere completamente diverso. Da dove è nata l’esigenza di scrivere E la vita urlò?
Solitamente mi succede di scrivere dopo il verificarsi di un episodio che accende la scintilla, che fa nascere l’dea e quando c’è l’idea iniziale tutto il resto arriva: storia, personaggi, dettagli e possibili legami. Per E la vita urlò la scintilla è scattata sentendo alla tv la notizia della morte di un ragazzino africano che a soli 15 anni si è sfracellato sulle rocce di Melilla, in Marocco, mentre da mesi tentava invano di raggiungere la Spagna. A questo episodio, che riprendo nel libro, nel tempo ne sono seguiti, purtroppo, molti altri, alimentando così la scintilla. Scrivere è un modo per alleggerire il cuore di fronte ad aspetti della vita che non comprendo, che fatico ad accettare, forse questa è stata la mia esigenza oltre a quella di voler condividere emozioni e tentare, nel mio piccolo, di scuotere l’indifferenza.
Nel romanzo si parla di arte terapia e il legame con i dipinti è molto viva nel racconto anche al di là di questo trattamento. Quando è nata in te la passione per questo tipo di arte? Sei solo un’osservatrice o dipingi anche?
Non dipingo, non disegno, non ho questa dote, ma sono attratta dalla forza delle immagini, da quanto l’artista riesce ad esprimere attraverso le sue opere pur rimanendo in silenzio. Il genio non finisce di stupirmi: ci sono capolavori di una tale bellezza che si ammirano da secoli e che, per secoli ancora, si ammireranno. Mi piace pensare che dietro ogni opera c’è una storia, una verità, ma anche che ogni spettatore, ammirandola, vi leggerà la sua o scoprirà una parte di sé che non conosceva.
Il tema del romanzo è di grande attualità, ce ne vuoi parlare in breve e spiegare cosa suscita in te il dramma che attanaglia molti bambini che arrivano in Italia dai paesi in cui ci sono guerre, terrorismo e fame? Hai avuto un’esperienza diretta?
Il romanzo parla d’amore, di una storia d’amore tra un uomo e una donna ma, soprattutto, di un amore infinito verso il prossimo, verso i più deboli. Come ho già detto, l’idea del romanzo è nata da un tragico episodio e poi alimentata, quasi ogni giorno, da altrettanti tragici avvenimenti. Racconto la storia di alcuni minori stranieri giunti miracolosamente in Italia, ben sapendo che, troppe volte, la realtà supera la fantasia; racconto di persone dotate di una particolare sensibilità che tentano di lavorare per un mondo migliore.
Quel che suscita in me il dramma di bambini che arrivano nel nostro paese fuggendo da situazioni disperate, credo lo si capisca chiaramente attraverso le pagine del libro. Viviamo in un’epoca difficile, un’epoca di grande instabilità, scoppiano guerre nella totale indifferenza, si alimenta la violenza, la paura del diverso (senza pensare che la conoscenza di noi stessi passa attraverso quella dell’altro) e non mi capacito di come il mondo, dopo tutto questo tempo, sia ancora diviso in zone di serie A zone di serie B dove la vita non vale nulla. Nessun tesoro al mondo può eguagliare il valore di una vita umana, lo scrivevano i greci nell'Iliade e io, di questo, resto convinta.
Non ho avuto esperienze dirette, ma lavoro in un ambito nel quale si può venire al corrente di storie del genere.
L’Africa è uno dei due continenti in cui è ambientato il romanzo. Hai un legame con questi luoghi? Senti anche tu il mal d’Africa?
Non ho nessun legame con l’Africa così come con gli altri luoghi di cui scrivo, a parte con Torino che, vista la vicinanza, un po’ conosco, ma nemmeno più di tanto!
Uno dei tanti lati belli dello scrivere è il poter viaggiare con la fantasia e se un giorno avrò occasione di recarmi in Africa, probabilmente il celebre male colpirà anche me.
Un altro argomento molto importante che si affronta è la disponibilità di molte persone ad aiutare i più deboli, a fare in modo che la loro vita migliori. Conosci molte persone come i protagonisti del romanzo, che donano parte della loro vita agli altri andando in Africa o anche restando qui?
Mi ritengo fortunata, in famiglia e sul lavoro sono circondata da persone che hanno scelto una professione, cosiddetta, di aiuto e che danno molto per fare in modo che la vita degli altri, in qualche modo, migliori. Conosco alcuni che, come i protagonisti del romanzo, sono stati più volte in Africa per prestare la loro opera come volontari, altri che hanno dato vita ad associazioni benefiche e che, con passione, portano avanti ideali e progetti facendo arrivare aiuti concreti dove il bisogno è forte. Inoltre mi è capitato di conoscere la storia di persone che non hanno sete di fama, preferiscono restare nell'ombra, ma che hanno scelto di mollare tutto e partire verso paesi disastrati per donarsi completamente agli altri, la loro scelta di vita mi ha colpito ispirando le figure dei protagonisti.
Infine nel romanzo le anime affini si riconoscono. Esiste davvero l’anima gemella? Riusciresti a definirla?
Le anime affini si riconoscono sempre e anche l’anima gemella esiste, è scritta dentro di noi fin dall'inizio, ma non si può definire poiché è diversa per ognuno di noi.
Dimenticavo: c’è un piccolo richiamo al precedente romanzo, è nato per caso, la musica si è fatta sentire o era fortemente voluto fin dall'inizio?
Il richiamo al precedente romanzo è nato per caso, ma è uno dei brani del romanzo che preferisco, forse Roman si è fatto sentire dettandomi le parole…
Hai dei progetti in lavorazione?
Al momento più che progetti ho appunti, poi aspetto che l’idea giusta arrivi. Inoltre sto valutando se partecipare a un concorso letterario poiché il tema proposto mi interessa e potrebbe piacermi anche se non amo i concorsi, preferisco scrivere prima di tutto per me stessa.