INTERVISTA DELL'EDITORE ALL'AUTRICE DI IL TEMPO DEI PAPAVERI
Buongiorno Jolanda, come è nata l'idea di scrivere Il tempo dei papaveri? Quali sono gli spunti che hanno portato alla stesura di questa storia?
L’idea di scrivere un romanzo è nata diversi anni fa per dare vita al sogno iniziato appena ho imparato a leggere. Quando, ancora piccola, mi sono trovata a vivere in un paesino agricolo della pianura padana, in una situazione non certo felice, leggere e scrivere mi consolava e distraeva. La vita mi ha poi portata per strade diverse procurandomi gioie e dolori ma… volevo scrivere e l’ho fatto. I protagonisti principali de Il tempo dei papaveri sono frutto della mia fervida fantasia. Saverio è nato dal nulla e Giulia è comparsa strada facendo. Altri personaggi, invece, sono le controfigure di gente conosciuta nella mia infanzia che, anche se, non hanno fatto parte del contesto, che ho assolutamente inventato, hanno avuto vissuti e caratteri molto simili a quelli da me descritti. Ad esempio il ragazzo sulla sedia a rotelle, Lena, la mendicante cieca, e molti altri.
La storia viene raccontata da due personaggi diversi, Saverio e Giulia, suddividendo così il romanzo in due parti ben distinte anche se unite. L'dea è nata durante la stesura o fin dall'inizio?
Le due storie diverse nascono perché sia a me che a chi ha letto la prima parte ha dato l’idea di qualcosa di sospeso. Che ne era stato della bella bambina, e poi ragazza, di cui Saverio era innamorato? Sparita nel nulla o lasciata nell’agiatezza anche se carente dell’affetto del padre? Non volevo che quello sfortunato ragazzo restasse solo né che la bimba, diventata adulta, vivesse una vita banale. Dovevano rincontrarsi: una specie di premio per entrambi. Come fare in modo che Giulia ricordasse e avesse nostalgia di quell’amore se un altro tipo di sofferenza non avesse caratterizzato la sua vita? Se avesse ricordato solo che la sorella di Saverio era stata l’amante di suo padre l’affetto prima e l’amore poi non avrebbero potuto nascere.
È stato difficile calarsi nei panni di due personaggi, un uomo e una donna, tanto diversi?
Non mi è mai difficile calarmi nei personaggi che descrivo. Sono loro che mi raccontano le storie che vogliono vivere; a me basta un piccolo spunto e i personaggi arrivano e mi dicono: «Ci sono anch’io e, per dare un senso alla mia vita, vorrei comportarmi in un certo modo». Li lascio entrare nelle mie pagine con la presunzione di capirli profondamente. Riesco, sempre, ad immaginare i loro sentimenti.
In quale dei personaggi si ritrova maggiormente e a quale è più affezionata?
Mentre scrivo sono Giulia, sono la sua tremenda nonna, sono Mario che da ateo diventa sacerdote. Sono Rosalia che si innamora del padrone. Sono tutti i personaggi della storia che racconto. Sono anche Sergio che annega nello stagno, vittima della sua infelicità ma, nel mio romanzo, sono soprattutto Saverio, bambino, che giocava con le formiche. Sono la speranza alla rincorsa di una vita accanto a qualcuno da amare, qualcuno che non mi veda come il “terroncino” piccolo e scuro ma sappia guardarmi nell’anima. Amo Saverio come fosse un personaggio reale.
Quali sono i motivi che l'hanno indotta a scegliere quel periodo storico?
Non ho mai avuto intenzione di scegliere un periodo storico. È stato il periodo che ha scelto me, facendomi nascere durante l’ultima guerra e vivere l’infanzia e la giovinezza nel dopoguerra, dove chi era povero lo doveva essere anche di cultura e di sentimenti.
Qual è il messaggio che ha voluto trasmettere?
Non credo di aver voluto trasmettere un messaggio particolare. Vorrei solo che chi mi legge comprendesse e condividesse la certezza che le convenzioni sociali mascherano la vera natura delle persone. I sentimenti, anche se nascosti dal senso dell’onore, dalle differenze di classe o di razza, sono e restano nel cuore di ognuno.
Nel romanzo è affascinante la contrapposizione tra la realtà di una vita difficile, dovuta alla povertà e alle problematiche di alcune relazioni affettive, e la fantasia del mondo visto con gli occhi dei bambini che aiuta a superare anche da adulti, grazie ai ricordi, i momenti più complicati dell'esistenza. I ricordi dell'infanzia, secondo lei, sono fondamentali un po' per tutti per superare le difficoltà che si incontrano lungo il cammino della vita?
Credo che la fantasia si sviluppi molto più facilmente nei bambini con dei vissuti difficili. Io stessa ne sono un esempio. Che poi i ricordi della fanciullezza aiutino ad affrontare la vita non ne sarei certa. È l’amore ricevuto che aiuta ad affrontare le difficoltà. Senza amore si può anche appassire prima di fiorire. La vita si combatte e in battaglia si portano i sogni che spesso restano tali sino alla fine.
Quali opere letterarie o autori hanno influenzato la sua scrittura?
Immagino che le letture influenzino chi si diletta a scrivere. Ma per quanto io frughi nella mia memoria non saprei a chi attribuire il mio, semplice, modo di esprimermi. Per quanto riguarda gli autori devo dire che spesso neppure mi preoccupo di sapere di chi è l’opera che leggo (specialmente se gli autori sono stranieri). Quelli italiani, che ricordo maggiormente per averli letti più volte, sono Cesare Pavese, Vasco Pratolini, Lalla Romano, Ignazio Silone e molti altri. Pochissimo i contemporanei. Spesso leggo quello che capita, ricordando il titolo ma non sempre l’autore. Ciò che m’interessa è il contenuto perché, una volta cominciato un libro, se continuo a leggerlo vuole dire che mi piace altrimenti lo chiudo e lo dimentico. Quando lo scrittore mi trattiene sino alla fine lo invidio perché sa mettere, in quelle pagine stampate, la sua anima.
Quando preferisce scrivere, ha un luogo particolare, un metodo che segue ogni volta?
Ho provato a chiedermi quando preferisco scrivere e mi sono detta che, se potessi, specialmente se avessi l’attenzione degli editori, scriverei tutto il giorno e parte della notte. Il luogo ideale è il mio divano con il computer sulle ginocchia. Qualche anno fa il signor Pupi Avati, al quale mandai la prima parte del mio romanzo che allora aveva come titolo “Nella Nebbia”, mi disse che ero davvero brava ma che, se gli editori non mi avessero considerata, avrei dovuto scrivere per me stessa. Apprezzai i complimenti ma non posso accettare il consiglio. Scriverò, sempre, con la speranza che più gente possibile mi legga.
Ha dei progetti in lavorazione?
Il prossimo romanzo, del quale ho già scritto circa 80 pagine, mi sta appassionando molto. Purtroppo il mio timore è che, una volta finito, gli editori lo cestinino senza neppure una piccola scorsa. Questo mi frena un po’ se non fosse che i personaggi reclamano attenzione dicendomi di continuare perché è il mio scrivere che dà loro la vita: felice, triste, banale o avventurosa che sia.