
INTERVISTA DELL'EDITORE ALL'AUTRICE DI IL GENTILCANE
Buongiorno, Giulianna.
Partiamo subito con la classica domanda: come è nata l'idea di scrivere Il Gentilcane?
Buongiorno Mariapaola e grazie per l'intervista. Il Gentilcane è nato in modo del tutto inaspettato e più che un'idea è stato un “perché no?”. Mi piace molto leggere e quando sono davanti allo scaffale di una libreria scelgo in base ai miei stati d'animo del momento. In quel periodo soffrivo ancora la mancanza di Pedro, così i miei occhi mi hanno guidata verso la copertina di un libro con un bel cagnone. Purtroppo quella storia mi è risultata noiosa e l'autore troppo prolisso. Allora? Vago per casa con il libro in mano e l'aria insoddisfatta. Mio marito mi chiede cosa c'è che non va. Gli rispondo che il libro non mi garba e poi aggiungo scherzando: “Quasi quasi scrivo un libro su Pedrino”. Lui mi guarda con un'intensità che non lascia dubbi sulla fiducia e mi dice semplicemente: “Fallo”. La mattina seguente comincio a buttar giù.
Qual era la particolarità di Pedro rispetto agli altri cani che l'ha indotta a scrivere questo libro?
Me lo sono chiesto più volte anch'io. Perché proprio lui e non altri? Sarà perché è stato testimone di grandi cambiamenti della mia vita. Sarà perché ha saputo accettarli tutti senza alcuna riserva. Sarà perché mi ha regalato mille emozioni. Sarà perché in quel momento mi mancava ancora tantissimo. Nei suoi quattordici anni di vita credo di poter contare i giorni in cui non abbiamo dormito sotto lo stesso tetto. Avevamo raggiunto una sintonia tale che non avevo più bisogno di parlare per intendermi con lui. Chiunque ha o abbia avuto un amico a quattro zampe sa di cosa sto parlando.
Quando è nato in lei l'amore per gli animali?
Sin da bambina ho amato gli animali. Ne ho allevati di vario genere. Canarini, merli indiani, i classici pesci rossi vinti alle fiere, tartarughe d'acqua, criceti. Ero ferratissima sui criceti! Avrei saputo rispondere a qualsiasi domanda su di loro. Verso i quattordici anni cercai di convincere i miei genitori ad adottare un cavallo nero di nome Furia (che fantasia!) nato al maneggio dove andavo per passeggiate panoramiche. Il mio desiderio più grande, però rimaneva avere un cane. Ricordo ancora lo sguardo intenerito di mio padre quando mio fratello e io portammo a casa... una certa cockerina di due mesi. Con una maggiore maturità non ho più adottato animali che dovessero vivere in gabbia, scegliendo cani e gatti, spiriti liberi per eccellenza, e conigli. Vien da se la scelta etica, ormai radicata da anni, di una dieta vegetariana. Vivendo in campagna continuo a non poter fare a meno di amici pelosi. Attualmente ho sei gatti e una cagnetta adottata dal canile.
Questa storia ci aiuta a capire di più i cani, a conoscerli meglio e a trattarli con rispetto educandoli. Tutti questi aspetti e conoscenze da dove le derivano?
Il rispetto mi deriva dalla convinzione che i cani siano amici che non vorrebbero mai deluderci e dalla consapevolezza che ci donino se stessi incondizionatamente nel bene e nel male, con i nostri pregi e difetti, come solo un grande amico sa fare.
Si può deludere un simile amico, bipede o quadrupede che sia? Per questo ho cercato di ricambiare la loro dedizione. Tutto ciò che so sulla psicologia canina, sul linguaggio del corpo, su come comportarsi o non comportarsi nei loro riguardi, l'ho acquisito nel tempo con la semplice convivenza, osservandoli, chiedendomi cosa passasse in quelle testoline e liberando la mia dagli schemi umani.
Come mai ha deciso di ripercorrere la vita di Pedro attraverso il punto di vista del protagonista?
Come ho detto prima, ho sempre cercato di capire quali pensieri passassero nella mente di un cane.
Narrare in terza persona sarebbe stato più facile ma meno stimolante. Mi sono immedesimata nel personaggio dando voce ai suoi occhi, alla sua coda, ai suoi movimenti, per renderlo a tutti gli effetti artefice della storia e sottolineando le differenze a volte buffe tra il pensiero canino e quello umano.
La storia è raccontata in modo molto divertente, ma anche commovente. Quali sono state le emozioni che ha provato nel rivivere, scrivendo, la storia del suo cane Pedro?
La mia prima sensazione è stata lo stupore. Ero stupita di quanto fossero nitidi i miei ricordi e di quanto fluidamente venissero fuori, trasformandosi in frasi. Ho vissuto intensamente ogni singolo episodio come se fosse accaduto da poco.
Mi sono divertita tantissimo e ho riso davanti allo schermo del computer. Spesso i miei figli mi domandavano perché ridessi e io: “Niente, niente, continuate a fare i compiti”. Ho anche pianto. Sì. Come una fontana. Non una, non due, ma tutte le volte che ho riletto alcuni tratti. Sono convinta che continuerà a succedermi, sono una tenerona!
Ora le domande che rivolgiamo a tutti i nostri scrittori:
Quando preferisce scrivere, ha un luogo particolare, un metodo che segue ogni volta?
I miei luoghi sono due, ma più importante è il quando. La mattina, quando sono sola in casa, dopo aver raccolto le idee, mi posiziono in soggiorno con tazzina di caffè, cracker e bottiglia d'acqua a portata di mano. Sgranocchiando riesco a concentrarmi meglio. Sfrutto il tempo al massimo finché arriva l'ora di prendere i ragazzi da scuola (momento in cui mi sembra di essere proiettata in una realtà parallela, perché la testa è ancora all'ultimo capitolo che ho scritto). Nel pomeriggio mi sposto nella grande e luminosa veranda chiusa, dove studiano i ragazzi. È come una biblioteca... dove di tanto in tanto si sente sgranocchiare cracker.
Ha dei progetti in lavorazione?
Sì, sto lavorando a un nuovo progetto, anche questa volta è una storia per amanti degli animali. Spero che prenda presto il volo. Le storie non vanno tenute nel cassetto, così come non si terrebbe nel cassetto un palloncino a elio. È fatto per volare ed essere condiviso, altrimenti si sgonfierebbe e perderebbe la sua bellezza prima che qualcuno abbia potuto apprezzarla.
Buongiorno, Giulianna.
Partiamo subito con la classica domanda: come è nata l'idea di scrivere Il Gentilcane?
Buongiorno Mariapaola e grazie per l'intervista. Il Gentilcane è nato in modo del tutto inaspettato e più che un'idea è stato un “perché no?”. Mi piace molto leggere e quando sono davanti allo scaffale di una libreria scelgo in base ai miei stati d'animo del momento. In quel periodo soffrivo ancora la mancanza di Pedro, così i miei occhi mi hanno guidata verso la copertina di un libro con un bel cagnone. Purtroppo quella storia mi è risultata noiosa e l'autore troppo prolisso. Allora? Vago per casa con il libro in mano e l'aria insoddisfatta. Mio marito mi chiede cosa c'è che non va. Gli rispondo che il libro non mi garba e poi aggiungo scherzando: “Quasi quasi scrivo un libro su Pedrino”. Lui mi guarda con un'intensità che non lascia dubbi sulla fiducia e mi dice semplicemente: “Fallo”. La mattina seguente comincio a buttar giù.
Qual era la particolarità di Pedro rispetto agli altri cani che l'ha indotta a scrivere questo libro?
Me lo sono chiesto più volte anch'io. Perché proprio lui e non altri? Sarà perché è stato testimone di grandi cambiamenti della mia vita. Sarà perché ha saputo accettarli tutti senza alcuna riserva. Sarà perché mi ha regalato mille emozioni. Sarà perché in quel momento mi mancava ancora tantissimo. Nei suoi quattordici anni di vita credo di poter contare i giorni in cui non abbiamo dormito sotto lo stesso tetto. Avevamo raggiunto una sintonia tale che non avevo più bisogno di parlare per intendermi con lui. Chiunque ha o abbia avuto un amico a quattro zampe sa di cosa sto parlando.
Quando è nato in lei l'amore per gli animali?
Sin da bambina ho amato gli animali. Ne ho allevati di vario genere. Canarini, merli indiani, i classici pesci rossi vinti alle fiere, tartarughe d'acqua, criceti. Ero ferratissima sui criceti! Avrei saputo rispondere a qualsiasi domanda su di loro. Verso i quattordici anni cercai di convincere i miei genitori ad adottare un cavallo nero di nome Furia (che fantasia!) nato al maneggio dove andavo per passeggiate panoramiche. Il mio desiderio più grande, però rimaneva avere un cane. Ricordo ancora lo sguardo intenerito di mio padre quando mio fratello e io portammo a casa... una certa cockerina di due mesi. Con una maggiore maturità non ho più adottato animali che dovessero vivere in gabbia, scegliendo cani e gatti, spiriti liberi per eccellenza, e conigli. Vien da se la scelta etica, ormai radicata da anni, di una dieta vegetariana. Vivendo in campagna continuo a non poter fare a meno di amici pelosi. Attualmente ho sei gatti e una cagnetta adottata dal canile.
Questa storia ci aiuta a capire di più i cani, a conoscerli meglio e a trattarli con rispetto educandoli. Tutti questi aspetti e conoscenze da dove le derivano?
Il rispetto mi deriva dalla convinzione che i cani siano amici che non vorrebbero mai deluderci e dalla consapevolezza che ci donino se stessi incondizionatamente nel bene e nel male, con i nostri pregi e difetti, come solo un grande amico sa fare.
Si può deludere un simile amico, bipede o quadrupede che sia? Per questo ho cercato di ricambiare la loro dedizione. Tutto ciò che so sulla psicologia canina, sul linguaggio del corpo, su come comportarsi o non comportarsi nei loro riguardi, l'ho acquisito nel tempo con la semplice convivenza, osservandoli, chiedendomi cosa passasse in quelle testoline e liberando la mia dagli schemi umani.
Come mai ha deciso di ripercorrere la vita di Pedro attraverso il punto di vista del protagonista?
Come ho detto prima, ho sempre cercato di capire quali pensieri passassero nella mente di un cane.
Narrare in terza persona sarebbe stato più facile ma meno stimolante. Mi sono immedesimata nel personaggio dando voce ai suoi occhi, alla sua coda, ai suoi movimenti, per renderlo a tutti gli effetti artefice della storia e sottolineando le differenze a volte buffe tra il pensiero canino e quello umano.
La storia è raccontata in modo molto divertente, ma anche commovente. Quali sono state le emozioni che ha provato nel rivivere, scrivendo, la storia del suo cane Pedro?
La mia prima sensazione è stata lo stupore. Ero stupita di quanto fossero nitidi i miei ricordi e di quanto fluidamente venissero fuori, trasformandosi in frasi. Ho vissuto intensamente ogni singolo episodio come se fosse accaduto da poco.
Mi sono divertita tantissimo e ho riso davanti allo schermo del computer. Spesso i miei figli mi domandavano perché ridessi e io: “Niente, niente, continuate a fare i compiti”. Ho anche pianto. Sì. Come una fontana. Non una, non due, ma tutte le volte che ho riletto alcuni tratti. Sono convinta che continuerà a succedermi, sono una tenerona!
Ora le domande che rivolgiamo a tutti i nostri scrittori:
Quando preferisce scrivere, ha un luogo particolare, un metodo che segue ogni volta?
I miei luoghi sono due, ma più importante è il quando. La mattina, quando sono sola in casa, dopo aver raccolto le idee, mi posiziono in soggiorno con tazzina di caffè, cracker e bottiglia d'acqua a portata di mano. Sgranocchiando riesco a concentrarmi meglio. Sfrutto il tempo al massimo finché arriva l'ora di prendere i ragazzi da scuola (momento in cui mi sembra di essere proiettata in una realtà parallela, perché la testa è ancora all'ultimo capitolo che ho scritto). Nel pomeriggio mi sposto nella grande e luminosa veranda chiusa, dove studiano i ragazzi. È come una biblioteca... dove di tanto in tanto si sente sgranocchiare cracker.
Ha dei progetti in lavorazione?
Sì, sto lavorando a un nuovo progetto, anche questa volta è una storia per amanti degli animali. Spero che prenda presto il volo. Le storie non vanno tenute nel cassetto, così come non si terrebbe nel cassetto un palloncino a elio. È fatto per volare ed essere condiviso, altrimenti si sgonfierebbe e perderebbe la sua bellezza prima che qualcuno abbia potuto apprezzarla.