INTERVISTA DELL'EDITORE ALL'AUTORE DI
Sono morto tante volte ma così bene mai
Ciao Luigi. “Sono morto tante volte ma così bene mai” è un titolo molto particolare. Ci puoi raccontare come ti è venuta l'idea di utilizzare questo epitaffio?
Cercavo un titolo che ci ricordasse simpaticamente che siamo mortali e ho scoperto questo epitaffio di un attore ritrovato in una tomba etrusca.
La lapide non vale solo per l’attore che, pur morendo tante volte sulla scena, la sua ultima interpretazione è sempre la più realistica e riuscita. Purtroppo vale anche un po' per tutti noi, che vivendo moriamo un pochino ogni giorno.
Il fatto che la lingua etrusca non sia ancora stata decifrata e tradotta non depone a favore della sua autenticità ma, nonostante tutto, rimane a mio parere una delle più grandi scoperte della storia dell’archeologia dopo la stele di Rosetta e i rotoli di Qunram.
I tre racconti sono ispirati da 3 canzoni. Ci puoi spiegare come mai hai scelto proprio questi testi?
“Bongo bongo bongo” del 1947 è la prima canzone ecologista e a modo suo anticolonialista della storia, anche se è piena zeppa di riferimenti politicamente scorretti e imbevuta di pregiudizi razziali. L'ho scelta perché è allegra e spensierata, in contrasto col reportage quasi giornalistico di denuncia su 150 anni di sfruttamento e massacri nel Congo. Non a caso il racconto è dedicato alla popolazione del Congo, oltre che al mio mito Gian Piero Galeazzi.
“Faceva il palo nella banda dell’ortica” è dell’inizio degli anni 70. Cavallo di battaglia di Jannacci, anch’essa è molto allegra. Per contrasto mi ha ispirato il racconto del palo più tristemente famoso della storia criminale italiana.
“Joe Temerario” è una delle più allegre e malinconiche canzoni di Ron. Racconta di un incontro col proprio figlio in un giorno senza tempo, in cui i due si confidano come non accade quasi mai nella realtà tra padre e figli. Ovviamente il racconto trasuda di sensi di colpa e miseri e meschini tentativi di autoassolvimento dell’autore.
L'ispirazione Noir che li accomuna da dove è arrivata?
Questo libro è stato scritto con rabbia alla morte di mio padre e come accade a tutti alla morte di un genitore una parte di te muore con lui. Quindi l’idea che durante la nostra esistenza abbiamo delle piccole morti, con conseguente abisso depressivo da cui è difficile sottrarsi, mi ha portato a esorcizzare il terrore che incute la vecchia signora con la falce.
I tre racconti sono accumulati da uno stesso filone narrativo, ma affrontando 3 argomenti molto diversi, da dove l'idea per ognuno?
Il fil rouge non è solo la morte che si presenta nei tre modi in cui può manifestarsi (omicidio, suicidio e malattia) ma anche la profonda solitudine dei protagonisti dei racconti, parzialmente autobiografici.
L'ironia che ti caratterizza e a cui ci hai abituato negli altri due romanzi è presente anche qui. Unire il tuo stile ai racconti Noir è stato istintivo o hai cercato di mantenere il tuo stile nonostante l'argomento?
Non ho capito la domanda che mi sembra un po' alla Marzullo, ma vi lascio con due citazioni:
“Se vi prendete troppo sul serio rischiate di irrigidirvi sulle vostre convinzioni.
L'umorismo vi permette di scoprire nuove soluzioni ai problemi.
perché se riuscite a ridere di una cosa, potete anche cambiarla“ (Richard Bandler).
E poi come disse Abraham Lincoln centosessant'anni fa:
“Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre“ e chi vuol capire capisca…
Grazie a tutti e buona lettura con le storie brillanti e ironiche dei libri di Luigi Bonomi
Sono morto tante volte ma così bene mai
Ciao Luigi. “Sono morto tante volte ma così bene mai” è un titolo molto particolare. Ci puoi raccontare come ti è venuta l'idea di utilizzare questo epitaffio?
Cercavo un titolo che ci ricordasse simpaticamente che siamo mortali e ho scoperto questo epitaffio di un attore ritrovato in una tomba etrusca.
La lapide non vale solo per l’attore che, pur morendo tante volte sulla scena, la sua ultima interpretazione è sempre la più realistica e riuscita. Purtroppo vale anche un po' per tutti noi, che vivendo moriamo un pochino ogni giorno.
Il fatto che la lingua etrusca non sia ancora stata decifrata e tradotta non depone a favore della sua autenticità ma, nonostante tutto, rimane a mio parere una delle più grandi scoperte della storia dell’archeologia dopo la stele di Rosetta e i rotoli di Qunram.
I tre racconti sono ispirati da 3 canzoni. Ci puoi spiegare come mai hai scelto proprio questi testi?
“Bongo bongo bongo” del 1947 è la prima canzone ecologista e a modo suo anticolonialista della storia, anche se è piena zeppa di riferimenti politicamente scorretti e imbevuta di pregiudizi razziali. L'ho scelta perché è allegra e spensierata, in contrasto col reportage quasi giornalistico di denuncia su 150 anni di sfruttamento e massacri nel Congo. Non a caso il racconto è dedicato alla popolazione del Congo, oltre che al mio mito Gian Piero Galeazzi.
“Faceva il palo nella banda dell’ortica” è dell’inizio degli anni 70. Cavallo di battaglia di Jannacci, anch’essa è molto allegra. Per contrasto mi ha ispirato il racconto del palo più tristemente famoso della storia criminale italiana.
“Joe Temerario” è una delle più allegre e malinconiche canzoni di Ron. Racconta di un incontro col proprio figlio in un giorno senza tempo, in cui i due si confidano come non accade quasi mai nella realtà tra padre e figli. Ovviamente il racconto trasuda di sensi di colpa e miseri e meschini tentativi di autoassolvimento dell’autore.
L'ispirazione Noir che li accomuna da dove è arrivata?
Questo libro è stato scritto con rabbia alla morte di mio padre e come accade a tutti alla morte di un genitore una parte di te muore con lui. Quindi l’idea che durante la nostra esistenza abbiamo delle piccole morti, con conseguente abisso depressivo da cui è difficile sottrarsi, mi ha portato a esorcizzare il terrore che incute la vecchia signora con la falce.
I tre racconti sono accumulati da uno stesso filone narrativo, ma affrontando 3 argomenti molto diversi, da dove l'idea per ognuno?
Il fil rouge non è solo la morte che si presenta nei tre modi in cui può manifestarsi (omicidio, suicidio e malattia) ma anche la profonda solitudine dei protagonisti dei racconti, parzialmente autobiografici.
L'ironia che ti caratterizza e a cui ci hai abituato negli altri due romanzi è presente anche qui. Unire il tuo stile ai racconti Noir è stato istintivo o hai cercato di mantenere il tuo stile nonostante l'argomento?
Non ho capito la domanda che mi sembra un po' alla Marzullo, ma vi lascio con due citazioni:
“Se vi prendete troppo sul serio rischiate di irrigidirvi sulle vostre convinzioni.
L'umorismo vi permette di scoprire nuove soluzioni ai problemi.
perché se riuscite a ridere di una cosa, potete anche cambiarla“ (Richard Bandler).
E poi come disse Abraham Lincoln centosessant'anni fa:
“Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre“ e chi vuol capire capisca…
Grazie a tutti e buona lettura con le storie brillanti e ironiche dei libri di Luigi Bonomi