INTERVISTA DELL'EDITORE ALL'AUTRICE DI IL PESCATORE DI FRAGOLE
Ciao Luca, com’è nata la storia di Il pescatore di fragole?
Il pescatore di fragole nasce da una combinazione di cose differenti, dai giorni di chiusura dovuti al lockdown, che veramente hanno fatto riflettere molto sul termine ‘libertà’, e dall’esigenze che chi più, chi meno, ha di tornare, anche solo con la mente, a dove è nato e cresciuto. Tanti di noi non vivono più nel paese di origine, ma le radici non possono essere mai cancellate e tornare sui propri passi a volte ti permette di crescere. E poi devo dire la verità, avevo voglia di scrivere per una volta una storia… semplice. Mi sono sempre incasinato con intrecci di vite, persone e personaggi che si incontravano e scontravano durante il racconto. Il pescatore di Fragole è tutt’alto, è un racconto lineare con un inizio, una fine e due personaggi che in realtà non si incontrano e scontrano mai!
Cosa rappresentano le fragole nella storia?
Le fragole rappresentano il contrario del tempo che stiamo vivendo. Siamo sempre pronti a cercare qualcosa di cui conosciamo già l’esistenza, il dopo, la materialità. Non ci sorprendiamo più e ciò è in qualche modo triste. E ancora più triste è il non saper attendere un nuovo avvenimento, l’essere curiosi nello scoprire cosa c’è dopo una curva. Il vecchio del lago sa aspettare, ancora e ancora. Ama pescare, salutare i pesci e sapere che prima o poi riuscirà a trovare in quell’attività qualcosa che lo sorprenderà…
Qual è il personaggio secondario che hai amato di più?
Tutti. Ma non perché tutti sono belli o simpatici, ma perché tolti i due protagonisti, i personaggi secondari sono e saranno per me sempre l’anima di un racconto, perché veri, reali e conosciuti. Il protagonista viene delineato, gli viene cucito un abito su misura e lo si fa muovere per il mondo a proprio piacimento. Per i personaggi secondari per me non è mai stato così. Loro sono quelli che incontro tutti i giorni al bar a prendere il caffè, dal panettiere la mattina, per le scale del condominio e ti bloccano per dirti la cosa che per loro è più importante su questa terra. Mariella, suo marito, Gipo, la ragazza senza nome, la cartolaia maledetta, Lorenzo, l’elettricista del borgo e potrei andare avanti per un bel po’, non sono personaggi secondari, sono personaggi che esistono veramente.
Quanto sono importanti per te i luoghi della nostra infanzia?
Diventano importanti, come tante cose della vita, quando c’è un distacco. Siamo, o meglio, se voglio parlare in prima persona, sono orgoglioso, cocciuto, ambizioso. Tutte queste cose mi hanno portato ad allontanarmi dai miei luoghi dell’infanzia. La vita talvolta ti porta altrove, anche se sono certo che sono le scelte che fai che ti portano oltre. I luoghi dell’infanzia sono la sicurezza quotidiana, il ritrovare nei momenti di difficoltà quella luce passata che in te ci sarà sempre. Ognuno ha il suo luogo, custodisce gelosamente un mondo andato che non tornerà più, ma sa che c’è perché vissuto e proprio, di nessun altro. Per chi si è allontanato, come me: abbandoniamo ogni tanto le asce di guerra e torniamo in quei luoghi, sono comunque sereni e puri.
Luca riscopre se stesso grazie alla natura, al ricordo della propria infanzia e a un momento di sosta dalla quotidianità del lavoro. Quanto è importante fermarsi per capire in quale direzione stiamo andando?
Ogni tanto mi capita di dover iniziare la giornata in tangenziale e mi chiedo: come possiamo passare ore e ore tutti i giorni fermi, immobili su quel raccordo che non permette via d’uscita? Viviamo veramente solo per una domenica che volge al lunedì per riprendere le proprie energie o c’è dell’altro? Ecco è in questi momenti, dove la scappatoia non esiste, che dobbiamo in qualche modo cerarla, che si chiami natura, strada, silenzio, musica, poco importa. Sono sempre più convinto che l’oro del 2000 è il tempo e null’altro, e lo dice uno che dedica troppe ore al lavoro, allo strafare, ma che nello stesso tempo con gli anni ha imparato a godere dei propri spazi, dei propri tempi, riesce a lasciare fuori dalla porta quel mondo che sa che non lo condurrebbe dove vuole essere condotto. Sì, fermarsi, riflettere e ritagliarsi sempre più tempo sarà la nostra nuova libertà, a 360 gradi.
Hai dato al protagonista il tuo nome, quanto è autobiografica questa storia?
In realtà poco. Come dicevo nella domanda precedente, se si vuole scoprire il Luca persona, lo si vede nei personaggi secondari e non nel protagonista. La storia, proprio perché semplice, è venuta di getto, poi ci sono voluti anni per amalgamarla, ma il nome Luca è stato quasi un pretesto per espormi come nome, ma non come persona, poi andando avanti nel racconto ci stava, un nome breve, anch’esso semplice che significa ‘luce’, come quella che il protagonista scopre capitolo dopo capitolo.
Differente è il discorso di alcuni passaggi, situazioni, anche ambientazioni, che ovviamente fanno parte del mio bagaglio e vissuto e quindi della mia autobiografia.
Quale messaggio vuoi lasciare con questo romanzo?
Non dare mai per scontato nulla ed essere sempre tremendamente curiosi. Si può riscoprire l’amore per una persona e per un luogo che credevi perduti, si possono cambiare idee, sogni, storie. Addirittura in un lago di montagna si possono pescare le fragole!
Un libro che ci mette in pausa, fa rivivere l’infanzia, rimette in discussione le scelte fatte, dando maggior risalto agli affetti e al respiro più profondo che può dare la contemplazione e l’immersione nella natura.