
INTERVISTA DELL'EDITORE ALL'AUTORE DI LA SAGA OSCURA
Ciao Marco, ci racconti del logo che appartiene alla Saga Oscura?
La Saga Oscura ha la peculiarità di essere una lunga epopea fantasy nella quale non compare un numero consistente di elementi magici. Si potrebbe quasi dire che la magia è insita nel fatto stesso che sussista la storia, senza l’aggiunta di ulteriori incantesimi, pozioni o alchimie di vario genere. L’unico elemento sovrannaturale di tutta la vicenda lo troviamo nella presenza del Sapiente della Terra: la creatura che fa da ponte attraverso le diverse realtà e i diversi universi. È il personaggio che altera lo spazio-tempo per spostare i personaggi dal nostro mondo agli altri e che, in una certa misura, appartiene a tutti questi mondi contemporaneamente. Per questo motivo volevo che quello del Sapiente della Terra fosse un simbolo universale, qualcosa che accomunasse quante più culture possibile della storia dell’Uomo. Una sorta di triskell, che sin dall’età del Bronzo è stato utilizzato per definire il sacro, dalla Cina al Sud America, che si può reperire nella tomba di Newgrange in Irlanda, ma il cui nome è di origine greca. Ho giocato con il fatto che, se un simbolo è noto in tutto il mondo e in molte epoche della nostra storia, allora è plausibile che sia noto anche in altri mondi.
Come mai la scelta del colore Blu, a predominio dell’altro mondo?
Posso provare a definirla come una questione di impatto immaginifico: un elemento che aiuti con immediatezza il lettore a visualizzare il fatto che siamo all’interno di un’altra realtà. Come in certi film nei quali il passaggio dalle scene d’attualità ai ricordi avviene con immagini che diventano all’improvviso in bianco e nero. Ecco, è stato il tentativo di aumentare la percezione che c’è qualcosa di diverso nell’altro mondo. Nella storia i nostri protagonisti umani percepiscono sfumature di questo colore ovunque, forse a causa della presenza di qualche elemento chimico, non so. Succede perché arrivano da un altro universo e quindi vedono il blu negli alberi, sulla corteccia e nelle foglie, nella pelle delle persone e nella luce. Il blu passa attraverso gli occhi dei protagonisti e arriva dritto al lettore, senza bisogno di appesantire ulteriormente la narrazione.
Saga Fantasy in Val Susa e Val Sangone, e a Torino, non penso ne esistano altri o sbaglio?
Non ne sono sicuro perché in questi anni sta fiorendo una notevole letteratura legata al territorio e anche al fantasy. Di sicuro trent’anni fa non avevo ancora letto niente di simile. La Saga Oscura è una specie di mappa delle nostre colline e della nostra provincia, dentro la quale si ritrovano paesi e città reali, come Avigliana, Bruino o Rivoli ed è possibile andare a piedi da una all’altra, percorrendo sentieri nei boschi e incontrando animali selvaggi. Tutta la vicenda è collocata geograficamente con gran precisione: i protagonisti scendono a piedi dalla collina morenica di Rivalta verso la Val Sangone (il punto esatto di partenza dell’avventura oggi è segnalato su GoogleMaps alla voce Sapiente della Terra), poi si dividono per percorrere strade diverse nelle profondità della Foresta Ostoriana dove ciascun toponimo richiama comunque un suono piemontese. Alla fine si ritroveranno a combattere l’ultima battaglia sulle rive del Lago Grande di Avigliana, descritta con gran minuzia di particolari, come se della città non rimanesse altro che l’imponente castello.
Ci racconti del lavoro per trasformare la Saga Oscura nella versione attuale? Le differenze con la prima pubblicazione?
La Saga Oscura è nata per gioco: un testo scritto da me per un pubblico circoscritto di persone che erano lettori e protagonisti al tempo stesso. Per certi versi è la versione più genuina e politicamente scorretta, dove i personaggi parlano come mangiano e dove non si perde troppo tempo nelle descrizioni e si va subito al sodo.
La prima edizione stampata nel 2006 subisce le conseguenze di due diversi impulsi: in alcune parti si porta dietro scorrettezze narrative presenti nella Saga originale mentre in altre risente di quella che, all’epoca, era la mia principale necessità, ovvero quella di risultare a tutti i costi corretto, formale o erudito agli occhi di un pubblico più ampio della prima cerchia di amici. Ho sempre pensato che questo avesse appiattito i dialoghi e una parte della narrazione. Unito al fatto che non avevo alcuna esperienza, né tantomeno le necessarie competenze linguistiche, ne ha fatto un libro con molti errori che andavano eliminati.
Questa nuova versione è frutto di un editing impegnativo e di un confronto serrato tra me e la casa editrice. La trama non è stata in alcun modo ritoccata e, per correttezza verso chi l’aveva già letta in passato, sono state mantenute anche parti che oggi non avrei scritto così. Però credo che ogni singolo termine sia passato al vaglio di un’attenta rilettura e la Saga di oggi sia davvero migliore, più matura e pronta per la pubblicazione dei molti capitoli inediti che ho scritto negli anni successivi.
Che effetto ti ha fatto riprendere in mano questo tuo lavoro?
È stato bello e anche difficile. In più di un’occasione mi è sembrato di avere a che fare con la lettura di un autore diverso ed estraneo. Sono trascorsi più di venticinque anni dall’inizio del lavoro e molte cose sono cambiare nella mia vita, nel contesto storico che mi circonda e anche nel mio modo di scrivere o pensare.
Non tornavo da molto tempo a trattare temi puramente fantasy e ho scoperto oggi di trovare meno appassionanti determinate questioni, mentre ad altre avrei dato maggior rilievo, oppure lo avrei fatto con parole diverse. Però è stato bello confrontarsi con il Marco ragazzino e rivivere quelle esperienze. E poi ho un bel gruppo di amici, che è parte integrante della Saga e che mi ha supportato per tutto questo tempo. Il libro, a distanza di anni, continua a essere il legame per il nostro rapporto e questo è molto edificante.
Anche il pubblico è cambiato perché sul finire dello scorso millennio amare la narrativa fantastica era visto con un certo sospetto, mentre oggi essere “nerd” è un valore. Nonostante continui a essere un inventore di storie, molto di quanto scrivo oggi ha poco a che fare con il linguaggio della fantasia e così anche ritagliarsi un pubblico di lettori non è facile. Una nuova sfida.
Adesso ti senti più scrittore di montagna, con un legame al passato o pensi di avere dentro di te tutte e due le facce: scrittore di fantasy e di montagna?
È difficile dirlo. La montagna oggi è l’ambito nel quale vivo il mio tempo libero e quello di cui ho acquisito le maggiori competenze. Mi piace scrivere di montagna perché ho l’impressione di riuscire a lanciare un messaggio importante alla gente: il nostro mondo è malato e ha bisogno di noi. Questo è innegabile ed è la mia principale preoccupazione. Serve una maggiore consapevolezza dei nostri gesti quotidiani, di quello che costituisce la nostra impronta ecologica nella vita di tutti i giorni, senza perdersi nelle turbolenze che ideologie e propagande da quattro soldi ci propinano in continuazione. Per questo è utile leggere riviste specializzate e pubblicazioni importanti, ma anche la narrativa deve fare la sua parte, continuando a parlare di ambiente, di storia e della complessità della nostra evoluzione.
Però trovo che anche il fantasy possa fare lo stesso e il tema di fondo della Saga è un po’ questo: affrontare le sfide che il futuro ci mette di fronte, migliorare il nostro rapporto con la natura e con gli altri. Trovo che la narrativa fantastica dia la possibilità di affrontare argomenti importanti anche quando si parla un po’ con leggerezza o attraverso un linguaggio allegorico o simbolico, che va dritto al cuore. Non è mai da sottovalutare. Perciò, per tornare alla domanda, non lo so. Mi sento entrambe le cose.
Il mistero della montagna è stato un passaggio tra le due versioni di te stesso, pensi che un ibrido come quello possa esistere ancora tra i tuoi scritti?
Sembra quasi la naturale continuazione della risposta precedente. Dal momento che è probabile che negli anni a venire io continui a scrivere sia di montagna sia romanzi fantastici, non è da escludere che riesca a fondere assieme questi due aspetti della mia attività. Forse a ben vedere è quello che mi viene più naturale. Le nostre vallate e la storia delle genti che ci hanno vissuto mi forniscono sempre nuovi spunti. Il mio stesso andar per monti è uno stimolo continuo a riflettere sul cammino percorso e sulle prospettive che mi aspettano oltre la cresta. Sono passi che diventano parole, a volte immaginate, a volte frutto di un riscontro reale.
Può darsi che Findalo riappaia ancora una volta, magari sotto mentite spoglie.
I messaggi della Saga Oscura li troveremo leggendolo e arrivando al fondo di questa avventura, ma ne hai uno sopra tutti che ci possa condurre lungo il percorso?
L’avventura che stiamo affrontando è lunga e tratterà diversi aspetti della vita umana, ma fin dal principio la Saga contiene un messaggio che ne costituisce la base e allo stesso tempo la morale conclusiva: dobbiamo essere forti e dobbiamo essere sempre attenti alle criticità che, di volta in volta, la vita ci mette davanti. Come dicevamo prima, stiamo attraversando un’epoca complessa: i cambiamenti climatici, le guerre, le crisi delle democrazie che sono state garanzia di sicurezza durante gli ultimi ottant’anni (almeno per noi occidentali) costituiscono il vero nemico della nostra generazione e noi siamo gli attori principali che si muovono su questo palcoscenico. Nella Saga, a un certo punto, il Sapiente della Terra dice ai protagonisti che la loro avventura ha lo scopo di fornire loro gli strumenti per combattere e guarire la Foresta dallo scontro contro gli obru, ma che saranno utili anche dopo il loro ritorno, nel nostro mondo. Allude proprio a questo. Dobbiamo essere lucidi e critici nel valutare il mondo che ci circonda, dobbiamo saper affrontare ogni giorno delle piccole sfide che, messe tutte assieme, sono la struttura complessa della nostra società. Mai abbassare la testa e accettare passivamente quanto ci viene propinato dalle televisioni o dai social. La pigrizia distruggerà il mondo e i nostri protagonisti lo impareranno sulla loro pelle (forse anche i lettori).
Raccontaci di questa grande passione che ti vede costruttore disegnatore oltre che scrittore.
Ah, questo è solo un gioco. Mi piace giocare con le immagini e i materiali, ma non sono un vero artista, così come non sono un vero fotografo, anche se con la mia macchinetta scatto tanti ritratti di animali selvatici. Mi è rimasta la fissazione infantile che un libro valga di più se contiene anche delle illustrazioni e questo, di tanto in tanto, mi porta a buttare giù due schizzi, mappe e simboli. Mi aiuta a immaginare una scena o a tracciare un percorso e l’ho fatto spesso mentre lavoravo alla Saga. Poi sono uno che si dà da fare nella vita di tutti i giorni. Trovo che prendersi cura della propria casa sia una delle attività più serie e appaganti per una persona, soprattutto oggi, con un mondo del lavoro che ci vuole sempre più presenti e performanti, con una vita social e virtuale che si fa ogni giorno più invasiva dei nostri spazi fisici. Invece la mia missione è proprio quella di fare e curare orto, giardino e piccole cose che richiedono manutenzioni. Così ho acquisito una certa manualità con attrezzature e materiali quali pietra, legno o altro. Ma sono pur sempre autodidatta che ama giocare e lascio fare ai veri professionisti il proprio mestiere, esistono scultori e illustratori eccellenti.
Una Saga che ci appartiene più che mai: dal territorio, i nostri luoghi, al messaggio fortemente attuale.
Ciao Marco, ci racconti del logo che appartiene alla Saga Oscura?
La Saga Oscura ha la peculiarità di essere una lunga epopea fantasy nella quale non compare un numero consistente di elementi magici. Si potrebbe quasi dire che la magia è insita nel fatto stesso che sussista la storia, senza l’aggiunta di ulteriori incantesimi, pozioni o alchimie di vario genere. L’unico elemento sovrannaturale di tutta la vicenda lo troviamo nella presenza del Sapiente della Terra: la creatura che fa da ponte attraverso le diverse realtà e i diversi universi. È il personaggio che altera lo spazio-tempo per spostare i personaggi dal nostro mondo agli altri e che, in una certa misura, appartiene a tutti questi mondi contemporaneamente. Per questo motivo volevo che quello del Sapiente della Terra fosse un simbolo universale, qualcosa che accomunasse quante più culture possibile della storia dell’Uomo. Una sorta di triskell, che sin dall’età del Bronzo è stato utilizzato per definire il sacro, dalla Cina al Sud America, che si può reperire nella tomba di Newgrange in Irlanda, ma il cui nome è di origine greca. Ho giocato con il fatto che, se un simbolo è noto in tutto il mondo e in molte epoche della nostra storia, allora è plausibile che sia noto anche in altri mondi.
Come mai la scelta del colore Blu, a predominio dell’altro mondo?
Posso provare a definirla come una questione di impatto immaginifico: un elemento che aiuti con immediatezza il lettore a visualizzare il fatto che siamo all’interno di un’altra realtà. Come in certi film nei quali il passaggio dalle scene d’attualità ai ricordi avviene con immagini che diventano all’improvviso in bianco e nero. Ecco, è stato il tentativo di aumentare la percezione che c’è qualcosa di diverso nell’altro mondo. Nella storia i nostri protagonisti umani percepiscono sfumature di questo colore ovunque, forse a causa della presenza di qualche elemento chimico, non so. Succede perché arrivano da un altro universo e quindi vedono il blu negli alberi, sulla corteccia e nelle foglie, nella pelle delle persone e nella luce. Il blu passa attraverso gli occhi dei protagonisti e arriva dritto al lettore, senza bisogno di appesantire ulteriormente la narrazione.
Saga Fantasy in Val Susa e Val Sangone, e a Torino, non penso ne esistano altri o sbaglio?
Non ne sono sicuro perché in questi anni sta fiorendo una notevole letteratura legata al territorio e anche al fantasy. Di sicuro trent’anni fa non avevo ancora letto niente di simile. La Saga Oscura è una specie di mappa delle nostre colline e della nostra provincia, dentro la quale si ritrovano paesi e città reali, come Avigliana, Bruino o Rivoli ed è possibile andare a piedi da una all’altra, percorrendo sentieri nei boschi e incontrando animali selvaggi. Tutta la vicenda è collocata geograficamente con gran precisione: i protagonisti scendono a piedi dalla collina morenica di Rivalta verso la Val Sangone (il punto esatto di partenza dell’avventura oggi è segnalato su GoogleMaps alla voce Sapiente della Terra), poi si dividono per percorrere strade diverse nelle profondità della Foresta Ostoriana dove ciascun toponimo richiama comunque un suono piemontese. Alla fine si ritroveranno a combattere l’ultima battaglia sulle rive del Lago Grande di Avigliana, descritta con gran minuzia di particolari, come se della città non rimanesse altro che l’imponente castello.
Ci racconti del lavoro per trasformare la Saga Oscura nella versione attuale? Le differenze con la prima pubblicazione?
La Saga Oscura è nata per gioco: un testo scritto da me per un pubblico circoscritto di persone che erano lettori e protagonisti al tempo stesso. Per certi versi è la versione più genuina e politicamente scorretta, dove i personaggi parlano come mangiano e dove non si perde troppo tempo nelle descrizioni e si va subito al sodo.
La prima edizione stampata nel 2006 subisce le conseguenze di due diversi impulsi: in alcune parti si porta dietro scorrettezze narrative presenti nella Saga originale mentre in altre risente di quella che, all’epoca, era la mia principale necessità, ovvero quella di risultare a tutti i costi corretto, formale o erudito agli occhi di un pubblico più ampio della prima cerchia di amici. Ho sempre pensato che questo avesse appiattito i dialoghi e una parte della narrazione. Unito al fatto che non avevo alcuna esperienza, né tantomeno le necessarie competenze linguistiche, ne ha fatto un libro con molti errori che andavano eliminati.
Questa nuova versione è frutto di un editing impegnativo e di un confronto serrato tra me e la casa editrice. La trama non è stata in alcun modo ritoccata e, per correttezza verso chi l’aveva già letta in passato, sono state mantenute anche parti che oggi non avrei scritto così. Però credo che ogni singolo termine sia passato al vaglio di un’attenta rilettura e la Saga di oggi sia davvero migliore, più matura e pronta per la pubblicazione dei molti capitoli inediti che ho scritto negli anni successivi.
Che effetto ti ha fatto riprendere in mano questo tuo lavoro?
È stato bello e anche difficile. In più di un’occasione mi è sembrato di avere a che fare con la lettura di un autore diverso ed estraneo. Sono trascorsi più di venticinque anni dall’inizio del lavoro e molte cose sono cambiare nella mia vita, nel contesto storico che mi circonda e anche nel mio modo di scrivere o pensare.
Non tornavo da molto tempo a trattare temi puramente fantasy e ho scoperto oggi di trovare meno appassionanti determinate questioni, mentre ad altre avrei dato maggior rilievo, oppure lo avrei fatto con parole diverse. Però è stato bello confrontarsi con il Marco ragazzino e rivivere quelle esperienze. E poi ho un bel gruppo di amici, che è parte integrante della Saga e che mi ha supportato per tutto questo tempo. Il libro, a distanza di anni, continua a essere il legame per il nostro rapporto e questo è molto edificante.
Anche il pubblico è cambiato perché sul finire dello scorso millennio amare la narrativa fantastica era visto con un certo sospetto, mentre oggi essere “nerd” è un valore. Nonostante continui a essere un inventore di storie, molto di quanto scrivo oggi ha poco a che fare con il linguaggio della fantasia e così anche ritagliarsi un pubblico di lettori non è facile. Una nuova sfida.
Adesso ti senti più scrittore di montagna, con un legame al passato o pensi di avere dentro di te tutte e due le facce: scrittore di fantasy e di montagna?
È difficile dirlo. La montagna oggi è l’ambito nel quale vivo il mio tempo libero e quello di cui ho acquisito le maggiori competenze. Mi piace scrivere di montagna perché ho l’impressione di riuscire a lanciare un messaggio importante alla gente: il nostro mondo è malato e ha bisogno di noi. Questo è innegabile ed è la mia principale preoccupazione. Serve una maggiore consapevolezza dei nostri gesti quotidiani, di quello che costituisce la nostra impronta ecologica nella vita di tutti i giorni, senza perdersi nelle turbolenze che ideologie e propagande da quattro soldi ci propinano in continuazione. Per questo è utile leggere riviste specializzate e pubblicazioni importanti, ma anche la narrativa deve fare la sua parte, continuando a parlare di ambiente, di storia e della complessità della nostra evoluzione.
Però trovo che anche il fantasy possa fare lo stesso e il tema di fondo della Saga è un po’ questo: affrontare le sfide che il futuro ci mette di fronte, migliorare il nostro rapporto con la natura e con gli altri. Trovo che la narrativa fantastica dia la possibilità di affrontare argomenti importanti anche quando si parla un po’ con leggerezza o attraverso un linguaggio allegorico o simbolico, che va dritto al cuore. Non è mai da sottovalutare. Perciò, per tornare alla domanda, non lo so. Mi sento entrambe le cose.
Il mistero della montagna è stato un passaggio tra le due versioni di te stesso, pensi che un ibrido come quello possa esistere ancora tra i tuoi scritti?
Sembra quasi la naturale continuazione della risposta precedente. Dal momento che è probabile che negli anni a venire io continui a scrivere sia di montagna sia romanzi fantastici, non è da escludere che riesca a fondere assieme questi due aspetti della mia attività. Forse a ben vedere è quello che mi viene più naturale. Le nostre vallate e la storia delle genti che ci hanno vissuto mi forniscono sempre nuovi spunti. Il mio stesso andar per monti è uno stimolo continuo a riflettere sul cammino percorso e sulle prospettive che mi aspettano oltre la cresta. Sono passi che diventano parole, a volte immaginate, a volte frutto di un riscontro reale.
Può darsi che Findalo riappaia ancora una volta, magari sotto mentite spoglie.
I messaggi della Saga Oscura li troveremo leggendolo e arrivando al fondo di questa avventura, ma ne hai uno sopra tutti che ci possa condurre lungo il percorso?
L’avventura che stiamo affrontando è lunga e tratterà diversi aspetti della vita umana, ma fin dal principio la Saga contiene un messaggio che ne costituisce la base e allo stesso tempo la morale conclusiva: dobbiamo essere forti e dobbiamo essere sempre attenti alle criticità che, di volta in volta, la vita ci mette davanti. Come dicevamo prima, stiamo attraversando un’epoca complessa: i cambiamenti climatici, le guerre, le crisi delle democrazie che sono state garanzia di sicurezza durante gli ultimi ottant’anni (almeno per noi occidentali) costituiscono il vero nemico della nostra generazione e noi siamo gli attori principali che si muovono su questo palcoscenico. Nella Saga, a un certo punto, il Sapiente della Terra dice ai protagonisti che la loro avventura ha lo scopo di fornire loro gli strumenti per combattere e guarire la Foresta dallo scontro contro gli obru, ma che saranno utili anche dopo il loro ritorno, nel nostro mondo. Allude proprio a questo. Dobbiamo essere lucidi e critici nel valutare il mondo che ci circonda, dobbiamo saper affrontare ogni giorno delle piccole sfide che, messe tutte assieme, sono la struttura complessa della nostra società. Mai abbassare la testa e accettare passivamente quanto ci viene propinato dalle televisioni o dai social. La pigrizia distruggerà il mondo e i nostri protagonisti lo impareranno sulla loro pelle (forse anche i lettori).
Raccontaci di questa grande passione che ti vede costruttore disegnatore oltre che scrittore.
Ah, questo è solo un gioco. Mi piace giocare con le immagini e i materiali, ma non sono un vero artista, così come non sono un vero fotografo, anche se con la mia macchinetta scatto tanti ritratti di animali selvatici. Mi è rimasta la fissazione infantile che un libro valga di più se contiene anche delle illustrazioni e questo, di tanto in tanto, mi porta a buttare giù due schizzi, mappe e simboli. Mi aiuta a immaginare una scena o a tracciare un percorso e l’ho fatto spesso mentre lavoravo alla Saga. Poi sono uno che si dà da fare nella vita di tutti i giorni. Trovo che prendersi cura della propria casa sia una delle attività più serie e appaganti per una persona, soprattutto oggi, con un mondo del lavoro che ci vuole sempre più presenti e performanti, con una vita social e virtuale che si fa ogni giorno più invasiva dei nostri spazi fisici. Invece la mia missione è proprio quella di fare e curare orto, giardino e piccole cose che richiedono manutenzioni. Così ho acquisito una certa manualità con attrezzature e materiali quali pietra, legno o altro. Ma sono pur sempre autodidatta che ama giocare e lascio fare ai veri professionisti il proprio mestiere, esistono scultori e illustratori eccellenti.
Una Saga che ci appartiene più che mai: dal territorio, i nostri luoghi, al messaggio fortemente attuale.